Secondo un diffuso orientamento storico-critico l’arte contemporanea nasce con le avanguardie, ma c’è chi anche colloca il suo inizio dopo la fine della seconda guerra mondiale, altri ancora pensano alla fine delle ideologie. Certamente la collocazione spazio-temporale è tutta occidentale perciò riduttiva mentre si affacciano e prendono corpo altri scenari d’arte e di cultura con la tumultuosa globalizzazione.
Con le opere in mostra nella ipoART il contemporaneo non è dato dal presentismo che tutto azzera nell’hic et nunc, dallo zeitgeist storicista, ma da un robusto aggancio al passato recente, alla tradizione del secolo precedente, tanto che in quasi tutti gli artisti è forte ed esplicita la tentazione del citazionismo, dell’omaggio ai padri, un riappropriarsi di una pluralità di linguaggi e di esperienze.
Mostra di arte contemporanea allestita nell’Ipogeo di Piazza Garibaldi a Teramo dal 15 dicembre 2017 al 15 gennaio 2018. L’inaugurazione è venerdì 15 dicembre 2017 alle ore 17.30 in contemporanea alla performance di Davide Rasetti al sax.
La mostra dei dodici artisti teramani nella sala dell’IPOGEO, uno spazio ibrido e perciò versatile – agorà, sala convegni, auditorium, spazio espositivo – presenta più di un motivo di interesse sia sul piano strettamente artistico che culturale. “Convenerunt in unum”, si ritrovarono insieme, secondo l’antica tavola, mossi da una comune passione per l’arte, non dall’adesione ad una qualche scelta di indirizzo, alla storica alterità dell’avanguardia, ad un progetto di originale ricerca linguistica.
È riduttivo parlare di amicizia? Del caso? Di uno spazio urbano che da decenni li accoglie? Oppure di qualcos’altro? Certamente appare tra le opere un collante in una declinazione semantica importante: “contemporaneo”. Il lemma da anni pone la domanda ormai storica: cos’è il contemporaneo? E le risposte sono quelle della disputa infinita della ricerca filosofica ma il tema, riguardo all’arte, della sua periodicizzazione, è quello più cogente.
...."si ritrovarono insieme secondo l'antica tavola, mossi da una comune passione per l'arte, non dall'adesione ad una qualche scelta di indirizzo, alla storica alterità dell'avanguardia, ad un progetto originale di ricerca linguistica". Leggendo la bella presentazione di Romolo Bosi nel catalogo della mostra ipoART questa descrizione, quasi apostolica dei dodici artisti, mi sembra la più eloquente "declinazione semantica fra arte contemporanea e l'epifania dell'anima" che traspare dalle opere esposte alla Sala Ipogea di Teramo, da ammirare fino al 14 gennaio 2018. Una contaminazione intelligente fra arte e fotografia che stimola l'attenzione del visitatore, lo sorprende ma al tempo stesso lo guida nella comprensione dei linguaggi astratti, informali, concettuali, polimaterici, digitali e, alla fine, lo cattura in quello spazio incompiuto e surreale sotto Piazza Garibaldi. Una pagina interessante delle arti visive teramane che non conoscevo finora nei dettagli e che scopro ora nella sua evoluzione culturale di cui la Città può certamente fregiarsi e trarre ispirazione nei suoi molteplici aspetti di promozione del territorio. Del resto le biografie degli artisti in mostra sono cariche di significati esistenziali e professionali, suffragati da lusinghieri apprezzamenti nel mondo della critica d'arte. E dire che Vincenzo Ammazzalorso, incrociato lungo Corso San Giorgio alla vigilia della mostra, mi stese un piccolo foglietto del programma dell'iniziativa con quella sua aria distaccata, educata, discreta, come a voler dire...se hai voglia! Il suo Laterizio metropolitano impacchettato e difforme assurge a valori plastici e fa il paio con i volti anonimi sui manifesti aggrovigliati sui muri dello Stradone, sorprendentemente ripresi in bianco e nero da Armando Di Antonio.
Ancora Paternò, il figlio Antonio Gualtiero, mostra altrettanta versatilità artistica già espressa con successo a Casa de Campo. A ipoART il supporto di un'umile serranda diventa l'occasione per una spiazzante elaborazione cromatica.
Infine Gianni Tarli con la monumentalità delle sue opere va oltre il tracciato classico espositivo dell'Ipogeo rilanciando messaggi e simbologie accattivanti nella sua tridimensionale elaborazione. Tutto eccezionalmente bello da vedere e, soprattutto, da assimilare in una girandola di emozioni da assaporare dal vivo, magari accanto agli autori.
E allora buona visione e buon anno a tutti i visitatori e agli affezionati lettori di AltreNote..
E poi Romolo Bosi con il suo Girando da Brico Io incrociai Malevich, inconfondibile "segno della resistenza ad ogni banalità categoriale" avverte Nerio Rosa. Romualdo Buscetti il quale tra scrittura e pittura personalizza una versione dell'arte appellandosi a JLBorges, ai fondamentali della filosofia e del doppio paradosso e Alfredo Celli con i suoi paradigmi figurativi affermati e ad un tempo stravolti. Una festa per gli occhi invece quella che propone Bruno Chiodi con i suoi oggetti di design e arredo dalle forme di vetro, plastica legno e specchi per nulla affidati al caso.
Bellissima e trasgressiva l'A.S.I.A di Marco Pace e interessanti le lineari installazioni di Giuseppina Michini insieme al singolare connubio di fotografia e pittura ad opera di Vincenzo Ranalli.
La pittura di Alvaro Paternò predispone ad un sereno stato d'animo di chi posa lo sguardo su Interstizi e Fessure per assistere ad una silenziosa meditazione del tempo.